Anche
l’European Transport Safety Council spinge in tal senso e la normativa italiana
l’ha già recepita mettendo tuttavia una notevole quantità di limitazioni, come
la misura minima della sede stradale e la presenza di apposita segnaletica, che
la rende di fatto (almeno per ora) poco praticabile.
L’organismo europeo adotta l’assunto teorico che è più rischioso interrompere
il flusso di traffico piuttosto che far percorrere delle strade in senso
inverso rispetto, teoria che può sicuramente trovare fondamento in zone del
mondo dove è massiccia la presenza di velocipedi, ma non certo dove – per
quanto in crescita frammentata come sul nostro territorio – rimane comunque un
fatto sporadico.
Come
spesso accade la differenza di visioni è diventata diatriba, poi scontro fra
chi vuole privilegiare il traffico dei mezzi due ruote e chi lo vuole limitare,
condizione che – immaginiamo – ai nordici è per lo più sconosciuta. Peraltro,
chi si oppone a tale misura, facendo sue teorie tutt’altro che banali, viene
accusato di addirittura catastrofismo. Discorso non interessante, se non per
dimostrare che nel fenomeno stradale prevale la componente sociale su quella
tecnica.
I
motivi, in realtà – almeno nel nostro suolo, con le nostre strutture e in una
cultura in cui le regole formali soccombono a quelle informali – sono numerosi.
Ma ve ne sono alcuni poco visibili che quasi mai vengono presi in
considerazione proprio perché sono poco visibili. Sarebbe come dire: come
faccio a sapere se non ho visto un oggetto se non l’ho visto? Così il fatto di
non aver consapevolezza di non averlo notato rafforza la convinzione di poterlo
fare.
Il
nostro sistema nervoso coglie le informazioni ambientali in modo grossolano e
adottando semplificazioni che possono contare su strategie di correzione, ma
scarsamente efficaci quando gli oggetti viaggiano a velocità superiori a quelle
naturali. Le aspettative si basano si stereotipi filogenetici ed esperienze
ontogenetiche e conducono a raccogliere gli stimoli ambientali. Se in questo
momento state fissando questo testo, il sistema cognitivo esclude dalla
percezione una quantità di oggetti che compaiono nel campo visivo. La ricerca
di informazioni è basata su aspettative: cogliamo ciò che ci aspettiamo ed
escludiamo ciò che non è coerente con le nostre aspettative.
Chi si
aspetterebbe un oggetto in movimento in flusso contrario rispetto a ciò che
normalmente ci aspettiamo in una strada a senso unico?
Rischieremmo
di notarlo con un notevole ritardo che andrebbe ad aggravare l’inaccuratezza
della percezione, creando condizioni di pericolo.
Durante
le nostre attività formative dimostriamo che in condizioni di assoluta
normalità non siamo in grado di cogliere tutti gli stimoli ambientali e che il
sistema nervoso non distingue secondo i significati che noi attribuiamo agli
oggetti: in altre parole anche un grosso camion può risultare per noi
trasparente che la nostra attenzione è impegnata altrove, anche se l’oggetto
compare nel nostro campo visivo. E siamo pertanto in grado di dimostrare fra la
sorpresa dei partecipanti che quando aspettative e realtà non coincidono, non
modifichiamo le aspettative, ma modifichiamo la realtà.
Per
questo motivo informiamo i nostri corsisti che è preferibile farsi trovare
esattamente dove gli altri si aspettino di trovarci, confermando le loro
aspettative, non confidando sulla possibilità che vengano corrette, poiché la
rapidità con cui si muovono gli oggetti in ambiente di traffico non lo
consente.
Così
come dimostriamo che questi meccanismi non possono in nessun modo essere
corretti aumentando il livello di attenzione. Anche se crediamo di essere in
grado di farlo.
È
pertanto possibile che all’interno di territori e culture dove la presenza di
velocipedi è un fatto costante e incorporato nelle regole percettive, le
aspettative degli utenti siano in grado di anticipare i comportamenti degli
altri attori sociali creando regole informali che garantiscono adeguate
condizioni di sicurezza. Dove tali condizioni rappresentano un fatto sporadico
e non prevedibile, le aspettative creano previsioni differenti e i meccanismi
di correzione non sarebbero in grado di modificare la rappresentazione
cognitiva conseguente, vista la rapidità di movimento e modificazione
dell’ambiente.