I numeri già impressionanti sono infatti destinati
inevitabilmente ad elevarsi, non solo per l’aumento sistematico del flusso di
traffico e della velocità che rendono sottodimensionate le strutture, non solo
per altre variabili come le norme sulla sicurezza che confidano nel rispetto di
loro stesse e la percezione di sicurezza offerta dai mezzi di trasporto
moderni, ma anche per l’evoluzione degli assunti culturali che finiscono per
creare effetti paradosso.
Se, infatti, da una parte si spinge verso comportamenti
eco-friendly che fanno da driver verso l’utilizzo di mezzi compatibili con
nuovi stili di vita, è inevitabile che senza un adeguamento delle strutture e
della disciplina dei comportamenti una massa crescente di utilizzatori di
veicoli ecologici (come tipicamente la bicicletta) vedrà aumentare il suo
livello di rischio e, di conseguenza, aumenteranno ulteriormente gli eventi
dannosi.
Ma se nel primo caso la soluzione non è a portata di
mano, a causa di vincoli ambientali, economici e comunque richiederebbe tempi
biblici per ottenere effetti adeguati, nel secondo i vincoli sono nello stesso
principio di tutto l’impianto normativo che non può ovviamente prescindere dall’assoluto
rispetto della norma che, a sua volta, richiede un deciso censore a sanzionare
i comportamenti devianti. In mancanza di essi (come è evidente avventurandosi
sulle strade) la norma non esiste.
Quando evidenziamo questo paradosso, solitamente la
domanda che ci viene posta è: «e quindi,
che fare?».
Una risposta soddisfacente non può certamente essere
condensata in poche righe ma appare decisamente utile soddisfare in precedenza
la domanda: «cosa non fare?».
PDS ha creato in sé una commissione di studio e
divulgazione in seguito alla constatazione che tutti gli approcci orientati ad
agire sul fenomeno sono in grado di ottenere al massimo risultati parziali.
Solitamente, infatti, tendono a cercare di modificare il comportamento delle
altre categorie di utilizzatori, anche se per motivi opposti. Nella categoria
dei ciclisti, infatti, è diffuso il senso comune che la causa principale degli
incidenti stradali che li coinvolgono sia il comportamento inadeguato e
irrispettoso nei loro confronti delle altre categorie di utilizzatori e
chiedono pertanto modifiche delle norme che disciplinano i comportamenti,
controlli e azioni sanzionatorie.
Trascurando per ora il fatto che non tutti gli incidenti
avvengono al di fuori del rispetto delle norme, accade tuttavia che nella
categoria degli automobilisti (che non è l’unica motorizzata, ma è quella più
numerosa) il pensiero comune sia l’esatto opposto.
Abbiamo compiuto per molto tempo osservazioni utilizzando
gli scambi conversazionali colti nei social network più popolari, mescolandoci
ai frequentatori, per analizzare le interazioni di utenti di differenti
categorie e ciò che risulta è un diffuso fenomeno di polarizzazione delle
opinioni che porta inevitabilmente all’invalidazione di un tentativo di creare
una visione comune.
In altre parole, ciascuno tenta di modificare il
comportamento dell’altro e nessuno è disposto a modificare il suo.
Di conseguenza, i comportamenti non si modificano e sono
ancorati a variabili che non sono sotto il controllo degli utilizzatori e che
impattano maggiormente su chi è vincolato a maggiori livelli di rischio.
Conoscere e rispettare le norme, pertanto, è una
condizione necessaria ma non sufficiente anche quando si realizza, poiché può
agire solo sugli eventi che non ne superano il confine. L’autorevole centro
studi dell’ACI ci informa che le tre cause principali di incidenti
(distrazione, eccesso di velocità e mancata precedenza) determinano in totale
il 41% degli eventi. Considerando la prima causa non tanto per il valore
causale ma solo come discriminante di volontarietà, risulta evidente che – al
di là dei numeri – una importante fascia di incidenti avviene all’interno del
rispetto della norma e dell’adeguatezza dei comportamenti.